Qui sono 24 ore che non si parla d'altro, sembra che tutto il male e tutto il bene della musica italiana si chiami Giovanni Allevi. Al di là del chiacchiericcio, pur ampiamente presente, sono qui che rifletto e ri-rifletto sul concerto di ieri, che per me è il quinto di Allevi con i quattro romani a cui ho assistito finora.
Utilizzo la separazione un po' scherzosa e un po' no con cui Giovanni divide estimatori e detrattori della critica musicale e non in buoni e cattivi.
Mi sento decisamente coi buoni nel dire che in studio Giovanni è un fenomeno raro, un compositore che ha riportato la musica "alta" al pubblico, l'ha resa di nuovo popolare. Questo è un merito gigantesco. Emoziona migliaia di anime; nessun brano pop "commerciale", di quelli nati, cresciuti e morti per il mercato, è capace di dare così tanto, così a lungo e così diversamente da persona a persona. La musica che torna a dare emozioni forti e uniche per ciascuno è una gioia di cui ringrazio Giovanni.
Mi sento coi cattivi quando penso che Allevi sta esaurendo una fase, durata circa due anni, che dalla scoperta fino al trionfo è ora ad un passo dall'autocelebrazione, e deve portarlo presto a cambiare. Ora tutta Italia e più lo conosce per quelle sue melodie che sono, come ci siamo detti in passato, film; un film diverso per ogni ascoltatore. Bene. I concerti però sono tutti identici, e per quanto tempo potranno esserlo ancora? Giovanni ha mezzi potentissimi per fare praticamente qualunque cosa col pianoforte. Lo aspettiamo alle prossime prova, che sappiamo comprendere anche grandi progetti. E' importante che un artista come lui, con le sue doti gigantesche, cresca e non costruisca il proprio personaggio attorno a sé ora, altrimenti si rischia una calcificazione un po' precoce. Dal vivo è velocissimo e tecnico. Troppo, però. Parte delle emozioni straordinarie da vivere nei suoi CD vengono da quel suo tocco meraviglioso e carico di colori; perché mai lasciarne andar via così tanti a suonar veloce? In alcuni momenti è incomprensibile il motivo per cui accade, ma accade.
Continuo a reputare No Concept e Joy -per un mare di motivi- due grandissimi lavori, e chi ci legge da anni lo sa bene, visto che siamo statitra i primissimi a recensire i suoi dischi precedenti ed i primi in assoluto ad intervistarlo per No Concept assieme alla recensione del CD. Insomma, siamo degli insospettabili. Il futuro è da scoprire. Ti aspettiamo, Giovanni!
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