mercoledì 27 gennaio 2010

TOP JAZZ 2009

La serata che si è svolta all'Auditorium di Roma il 18/1 dedicata ai premi Top Jazz è stata a suo modo anche un'occasione per avere un'idea, pur non esaustiva né omogenea- sullo stato del jazz nazionale.
La qualità, va pur detto, è media o alta. E' piuttosto semplice, di questi tempi, trovare un bel lavoro di jazz italiano. I premi sono andati in direzioni relativamente diverse e comunque meno statiche di qualche anno fa, e questo è comunque segno di buona salute. Gli artisti premiati, peraltro, hanno dato alla serata anche un bel valore musicale con performance tenute in varie combinazioni sul palco, dal piano solo di Dado Moroni a salire quantitativamente fino al finale collettivo. Tutto questo fa senz'altro bene.
Vediamo le luci, le cose belle della serata: Antonello Salis e Fabrizio Bosso hanno costituto il momento di maggior coinvolgimento di pubblico nell'evento, con un'esibizione davvero rilevante in cui, tra l'altro, il trombettista si è staccato un po' da tutto quel che di solito fa o gli vien proposto di fare, certamente soprattutto grazie a Salis, artista nel senso più vasto del termine che si diverte e si appassiona nel suonare, nel cercare il suono, la corsa, il rumore, il dinamismo e anche un po' di stupore. Dino Betti, poi, nel finale, ha diretto tutti in una sua composizione nata per l'occasione, e lì è stato possibile assistere alla miglior sintesi -che solo sua poteva essere- tra direzioni d'orchestra e aziendale, con il pluripremiato e multistimato compositore ed arrangiatore impegnato, dopo la direzione del tema iniziale, a camminare tra i musicisti, anche per via delle prove di "gruppo" appena abbozzate, parlando con ciascuno sul da farsi; un manager che percorre il suo laboratorio, il suo atelier d'idee, tra gli specialisti di progetto, a verificare il compimento dell'idea da produrre: un'immagine ed un film davvero belli e divertenti da vedere.
Qualche ombra è senz'altro comparsa quando un altro noto musicista, dopo aver criticato in modo direi inelegante i suoi coetanei colpevoli di cristallizzarsi nella tradizione, si è speso in una performance bella, di classe e, appunto, cristallizzata. Nulla di male in sé, ognuno fa le cose che sa fare e se poi le fa anche bene meglio così, ma allora individuare come difetti nei colleghi ciò che per sé viene poi espresso? Ai jazzofili intuire di chi sto parlando...

Così, riflessioni sparse, ad uso e consumo del blog e dei lettori

A presto!

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