martedì 21 ottobre 2008

La musica ma anche la cultura

Ieri ho avuto modo (grazie anche al mitico Andrea Tramonte, molto più che un lettore di Music on TNT) di leggere un articolo pubblicato su corriere.it in cui si parla di musica digitale. Le riflessioni sono di Matteo Amantia Scuderi, voce degli Sugarfree, e... ok, prima leggete.
Avete letto?
Ok.
Dico le mie.
Si continua a parlare di solido contro liquido, di pirateria, di vinile, di sigaretta, di atmosfera. Matteo non è il primo né sarà l'ultimo, quindi non mi riferisco ad una persona in particolare: dico però che si continua a guardare fuori, intorno ad un problema centrale che al più viene sfiorato: quale spazio ha la cultura nella società di oggi?
La musica riflette, nei tempi e nei modi, semmai amplificando la questione, ciò che siamo. Perché mai, ad esempio, toccare un cartone (nello specifico la copertina di un LP) dovrebbe esser correlato e, anzi, vincolato alla qualità nella fruizione di un'opera? Tra pochi anni un futuro assolutamente possibile potrebbe prevedere un pannello a parete su cui è visibile tutto ciò che riguarda la musica che stiamo ascoltando: immagini, credits, testi, spartito e quant'altro, con modalità e fruibilità grandemente superiori a quelle di un (consumabile) cartone. Le memorie dei lettori musicali stanno ormai rendendo via via fattibile l'acquisizione e fruizione di musica non compressa, che su internet comincia ad esser disponibile, come già visto più volte qui, anche a 24 bit e 96 Khz, cioè, avendo la scheda audio adatta (ma ce ne sono già tantissime), una qualità tecnicamente superiore a quella dei CD.
Insomma, la qualità sembra non essere un problema, proprio no.
Pirateria: esiste, è un problema e, va detto sempre con nettezza e senza mezze misure, è illegale e basta; non si deve fare. Punto. Nessuno può lavorare gratis. Il calo di vendite dei CD però non ha cifre spaventose, e chiunque voglia intervistare anche i pirati più incalliti si renderà conto che in moltissimi casi si scarica perché è gratis, non perché non si vedeva l'ora di avere quell'album. Se scaricare non fosse possibile in modo illegalmente gratuito il trasferimento di questi download pirata sul mercato legale non sarebbe per nulla totale, anzi. La cosa peraltro è nota ed evidente.
L'assenza di supporto (a cui mi pare poco... solido porre rimedio passando da un vinile da leggere e di cui aver cura a una chiavetta o ad una SD) sembra rappresentare un altro dei problemi: perché? Mi pare che ci sia piuttosto una sorta di nostalgia per la solidità, nostalgia assolutamente legittima per chi coi "vinili" è cresciuto, si è impolverato i polpastrelli in fantastici negozietti di Roma, Londra o altro in cerca d'introvabili perle da scovare emozionati.
Era fantastico.
Era.
L'era, ora, è un'altra. Una buona fetta degli attuali ascoltatori non ha mai toccato un vinile; perché mai dovrebbe emozionarsene al tatto?
La fruizione del tipo vinile-luci belle-sigaretta è splendida per chi la vuole, e splendida sarebbe una qualunque altra forma di ascolto consapevole, ma il punto è che il grosso della gente ascolta musica nella misura e nei modi in cui la realtà di mercato la guida, e la realtà di mercato vede, per dirne una, una forte componente delle vendite legata a qualcosa che per me è totalmente assurdo: le suonerie, una canzone che ascolteremo per definizione nei suoi primi 10 secondi, ché poi si risponde alla chiamata...
E' impressionante, inquietante, tutto ciò che si vuole; condivido. Il centro della questione però è che la cultura non è più un aspetto fondativo della persona. L'asservimento a denaro, profitti, potere, ecc. ecc. fa sì che la musica come molti altri aspetti della vita divengano non secondari ma, peggio, strumentali al conseguimento di quegli stessi obiettivi lontani dall'essenza delle persone: l'IPod è soprattutto figo, diciamolo, perché un confronto serio prima dell'acquisto su come suoni un lettore piuttosto che un altro non lo fa praticamente nessuno. L'IPod si piazzarebbe in una posizione x, che può essere perfino la prima (ho la mia opinione ma non è importante per ciò che voglio dire), ma che è pressoché irrilevante per la maggior parte degli acquirenti.
La faccio breve, ché sto diventando palloso: prendersela con l'mp3 o con la musica liquida per quello che è un sostanziale, diffuso declassamento della cultura nella vita delle persone è come dire che in strada ci sono i mendicanti perché le elemosine che ricevono sono troppo piccole. Trovo ci sia una confusione tra monte e valle, tra cause ed effetti.
Avrei da scrivere altre 340 righe (ho fatto un conto a spanne ma resto palloso pure quando vado a spanne, vedete?); mi fermo qui e vi lascio alle vostre riflessioni.

3 commenti:

Limo ha detto...

Se dobbiamo discutere discutiamo, anche di punti di vista opposti (rispetto a quelli dell'autore originale, non certo verso la riflessione di Pier che mi trova d'accordo in moltissimi punti).

> Forse, anziché pensare di contrastarla, si potrebbe provare ad abbassare
> drasticamente i prezzi delle opere, o provare a cambiare supporto
> utilizzando le amatissime chiavette USB

Trovo l'articolo (quello oroginale di Scuderi) niente più che saccente e finto-romantico dei bei
tempi che furono - che poi l'autore è del 1979 [1], quindi può al
massimo aver vissuto l'epoca dei Guns n' Roses e dei Nirvana in cd,
non certo l'epoca dei vinili e delle registrazioni analogiche a 4
piste, e potrebbe anche decidersi: perché se la soluzione prospettata
in 30 righe è quella di mettere la musica su "le amatissime chiavette
USB" allora non ci siamo? Non mi pare una proposta convincente.
Evidentemente di soluzioni non ne esistono, neanche sforzandosi con
l'immaginazione.

Che poi i nostri Creative o iAudio da 100/200/300€ non sono delle
chiavette USB e vanno benissimo - anche troppo - per ascoltare la
musica in mobilità: o erano meglio i 45 rigati che giravano nei juke
box con altoparlanti mono in un locale affollato degli anni '60?

Il problema che mi pongo è sempre il medesimo: quando si decide che ad
un certo punto si raggiunge l'apice della cultura dell'ascolto
musicale? Io posso benissimo iscrivermi al partito che la musica va
ascoltata dal vivo, e che qualsiasi riproduzione o registrazione su
nastro/traccia/solco rappresenta solo un'opaca scia della potenza e
delle sfumature che si possono cogliere dal vivo. Però non mi iscrivo
neanche a questo partito.

Io sono del partito che il mondo è bello perché vario, e che più gente
ascolta musica meglio è. Che l'ascolti con mezzi scarsi non importa. I
grammofoni degli anni '20 non suonavano certo meglio, malgrado l'aura
di romanticismo che li avvolge (chissà perché poi).

La musica è stupenda live, è incredibile saperla suonare, è ottima se
ascoltata in un angolo della propria casa concentrandosi il giusto (ma
per favore, basta stereotipi di sigaretta e brandy tiepido - questo
l'ho aggiunto io, ma il tono era quello), è coinvolgente se ascoltata
ad alto volume in un luogo pubblico, è stupenda di riflesso quando una
donna muove i fianchi a ritmo, è un ottimo aiuto e diversivo quando si
suda in palestra o nel parco, è incredibile quando posso ascoltarla
con un click mentre vado al lavoro in bicicletta.

La musica è arte. Arte povera molte volte, ma sempre arte. Lasciamo
gustare l'arte a tutti e in tutti i modi. Ne abbiamo solo da
guadagnare.

Ciao a tutti,
Limo

Sono stato un tantino polemico, lo so e me ne scuso, ma non se ne può
più di queste smancerie fuori luogo e fuori tempo massimo.

[1]: http://it.wikipedia.org/wiki/Sugarfree

Anonimo ha detto...

Concordo sul fatto che un atteggiamento tendente all'esclusivo e un po' con la puzza sotto il naso è fastidioso e non fa certo bene alla causa della musica.
Uno dei meriti di TNT-Audio è proprio quello di aver coniugato grande competenza e passione per l'hi-fi con un atteggiamento più pratico e non integralista, nel senso che posto come obiettivo quello del buon ascolto della musica lo si può raggiungere in maniera soddisfacente sia spendendo poche centinaia di euro per l'impianto che, ovviamente, migliaia di euro.

Ora l'atteggiamento per cui l'amante di musica sia solo quello che ascolta vinili sorseggiando vini o liquori (magari costosi) in penombra in una stanza immerso in una concentrazione assoluta e quasi "filosofica" non è che giovi più di tanto alla causa del consumo consapevole di musica.

Io penso che la questione possa in generale porsi su di una sorta di piramide a tre livelli.
Al primo vi è l'ascolto della musica da diffondere nella maniera più ampia possibile. L'importante è che si ascolti musica, si provi piacere nel farlo e vi si riconosca un bisogno culturale e di soddisfazione personale e più in generale sociale. Questa sorta di precondizione necessaria è la base di tutto il resto, ed è importante che ci sia senza fossilizzarsi tanto sul dove si ascolta musica, sul come e/o su quale supporto. L'importante è che la si ascolti il più possibile.

Il secondo livello è, secondo me, composto dalla riproduzione musicale in ambito domestico e più in generale privato. Questo secondo me segue sempre il precedente livello, nel senso che il desiderio di poter riprodurre i propri pezzi preferiti dipende dal fatto che si è ascoltato in qualche modo quella musica che tanto ci ha colpito ed emozionato.
In questo caso se si vuole avere un approccio il più possibile "asettico" e scevro da pregiudizi il tipo di supporto di riproduzione diventa relativamente trascurabile, dal momento che si tenderà a privilegiare quello in grado di contenere la musica e di restituirla nella migliore qualità e fedeltà possibile. Da questo punto di vista non mi strappo i capelli al pensiero della "dematerializzazione" del supporto (schede sd et similia) purché ciò preservi la massima qualità possibile. Il problema non è quindi la scheda sd o penna usb, quanto il fatto che si utilizzi un supporto per diffondere un formato (mp3) per tutti gli usi, formato che però rappresenta sul punto della qualità un notevole regresso rispetto a quelli che lo hanno preceduto.
In piena epoca analogica era chiaro a tutti che il vinile suonasse meglio dell'audiocassetta, e nessuno si sognava di utilizzare l'audiocassetta come supporto definitivo e per tutti gli usi. Il supporto per eccellenza era il vinile, l'audiocassetta veniva relegata all'uso "portatile" in auto e nei walkman.
Questo "imbarbarimento" nell'uso dell'mp3 sempre comunque e ovunque è in buona parte, sempre secondo me, dovuto anche agli artisti e alle case discografiche che in gran parte producono opere dal facile e immediato consumo, destinate al veloce oblio, e indirizzate magari al mercato degli spot o delle suonerie per cellulari.
Difficilmente un fan dei Genesis periodo progressive (tanto per fare un esempio) si ascolta il disco tutto in formato mp3 a bassa qualità...

L'ultimo livello della mia ideale piramide è quello più prettamente edonistico e appassionato. Qui entriamo in gioco noi audiofili, nel senso che tutto ciò che ruota intorno alla riproduzione costituisce una passione e da piacere. Il vedere il disco in vinile ruotare, la messa a punto dell'impianto, il tuning dello stesso attraverso un'opera lunga e instancabile non può essere considerata indispensabile a tutti quelli che vogliono ascoltare musica, ma solo riservata ad una ristretta cerchia di appassionati che anche in essa ricava piacere e divertimento.

Trovo che le osservazioni di Matteo Amantia Scuderi richiudessero tutto in questo ultimo livello che, per forza di cosa, riguarda una ristretta minoranza (o magari maggioranza) di appassionati.

Io penso che vada lavorato principalmente sui primi due livelli.

Pier ha detto...

direi che siamo abbastanza d'accordo un po' tutti. riguardo i livelli di fruizione condivido ed è certamente sul primo livello che le gioie e i dolori di questo mercato si concentrano, perché negli altri due livelli c'è un'autonomia di percorso da parte dei consumatori.
mi sento solo di aggiungere che il discorso mp3 va via via svanendo, a favore di una sempre più plausibile usabilità di formati non compressi. a quel punto distinguere tra solido e liquido sul piano della qualità sonora sarà intrinsecamente insensato sul piano perlomeno formale (si tratterà semmai di innalzare il livello qualitativo della catena hardware associata all'ascolto della musica via sorgenti informatiche).
insomma, il problema aperto resta nel fatto che senza un padre musicomane non cresceranno figli attenti alla qualità? aiuto... ho un improvviso pessimismo ad abitarmi...