(5/6 di Chiloe - foto di Nausicaa Garritano)
(i Chiloe al completo - foto di Chiri305)
Con vari ed eventuali gorni di ritardo eccomi qui a raccontarvi di un concerto, ma soprattutto ad utilizzare il concerto stesso strumentalmente (e vocalmente) per raccontarvi di un gruppo: il concerto è stato quello che i Chiloe hanno tenuto a Roma, al Cineteatro 33, il 18 giugno. Il gruppo, non lo indovinereste mai, è quello dei Chiloe.
Sempre allo scopo di farvi leggere dei post sensati e privi di ridondanze, per le informazioni sul gruppo potete guardare il loro sito, comprendente parole e suoni del gruppo, "ma anche" la biografia che la vostra adorata rivista vi mette a disposizione se ce la chiedete. Passiamo quindi al succo della questione, che in sintesi diventa spesso "sì, ok, ma che ci facciamo con tutta questa world music?".Eh sì, i Chiloe non prendono mica il nome a caso aprendo un atlante bendati, no no. Scelgono il Cile perché il loro rapporto con quella terra è forte, parte da lontano e li prende da molto tempo. Qualcuno sentirà retrogusto di Inti Illimani e si insospettirà, ma è il gruppo stesso a rassicurarvi: sì, è proprio da lì che si parte, e talvolta è anche lì che si torna, o che si sta. Siamo però lontani sia dalla cover band sia dalla triste cartolina musicale scopiazzata, per un sacco di motivi. Per esempio i Chiloe suonano dalla fine degli anni '70, conoscono gli Inti Illimani di persona, sono molto lontani da ideologizzate ed involontarie parodie finto-esotiche del mondo... insomma, suonano una musica che ha anche riferimenti chiari e dichiarati, ma fanno la loro strada, tutta.
(i Chiloe al completo - foto di Chiri305)
La scaletta del concerto ha messo sul piatto le cose che il gruppo ama, quindi brani originali a marchio Chiloe ma anche Guccini, De Andrè, musica napoletana e poche altre cose "commerciali" in quello che col sorriso la voce maschile del gruppo, Domenico Amicozzi, ha chiamato lo spazio piano bar della serata, e poi... certo, è inutile che fate quella faccia a dire "tanto lo so che...", certo, gli Inti Illimani. Il tutto in un palco a composizione cangiante, con il sestetto intento praticamente ad ogni brano in qualche cambio o scambio di strumenti.
La resa del concerto, talvolta penalizzata dal fatto che per problemi contingenti non è stato possibile usare nel modo consueto l'effettistica, è stata comunque elevata, sia per la perizia dei musicisti sia per la loro capacità di non "addormentare" mai l'atmosfera. E' complicato e forse anche poco sensato far valutazioni che non siano d'insieme, ma sfruttando il pretesto di onorare l'elemento femminile del gruppo possiamo lasciarci scappare che la voce di Barbara Cestoni ha lievità, forza e versatilità dosate nei modi giusti quando occorre.
Insomma, ascoltateli e semmai contattateli senza accontentarvi di comprare i loro lavori: scoprirete immediatamente che scambiare parole con loro è un valore in più.