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giovedì 20 agosto 2009

Allevi d'Italia

Ormai è storia conosciutissima a chiunque ami Giovanni Allevi, a una buona fetta di quelli che lo odiano e a parecchi che, semplicemente, sono appassionati per la musica: l’Osservatore Romano, con L’Unità quasi “di rimbalzo”, con un articolo particolarmente tagliente e puntuto ha fortemente criticato il fenomeno Allevi non solo sul piano del mercato musicale, ma anche dal punto di vista dei contenuti e delle forme attraverso cui la musica del pianista ascolano si concretizza.

Ci sono due aspetti che mi lasciano quantomeno perplesso.

Musica!

E’ davvero curioso che ci siano persone in grado di determinare cosa sia emozionante e cosa no. Naturalmente non voglio essere io stesso a riprodurre quello che considero un errore e quindi non generalizzo neanche all’opposto, sicché siamo tutti d’accordo se diciamo, con una certa permissività verbale, che ci sono musiche talmente brutte, talmente commerciali, talmente finte da non poter emozionare, proprio perché esistono per altre ragioni; non mi aspetto, in altre parole, che un jingle scemo con cui l’animazione di un villaggio apre lo spazio caccia al tesoro della settimana possa suscitare altre emozioni che quelle temporanee (di gioia come d’odio) dei villeggianti. Bene; ciò detto come si fa a determinare se un brano di Allevi, un cervellotico pezzo dei King Crimson, un devastante strappo punk-jazz dei Bad Plus, un’arpa eolica, una nEnya, un canto indiano siano o no emozionanti? Rispetto a cosa? Le composizioni di Allevi non possono, obiettivamente, essere definite “spaghetti alla bolognese”; non ne hanno le equivalenti caratteristiche sonore e strutturali, non presentano minimamente le stesse materie prime a livello qualitativo. Possono piacere, non piacere, emozionare qualcuno e non qualcun altro, possono esser fatte di un enciclopedismo musicale che molto raccoglie e poco aggiunge sul piano formalmente compositivo, possono essere discusse a più livelli con risultati alterni, ma non sono, sotto alcun profilo, “spaghetti alla bolognese”. Si tratta di una riduzione che non tiene in alcun conto la qualità a monte e a valle di un prodotto e dell’altro, tutto qui.

Allevi per il sociale

Attendo con ansia la prima tesi di laurea a cavallo tra sociologia e scienza delle comunicazioni sul fenomeno Allevi e ciò che è stato in grado di scatenare. Lotte tra tifosi, agguerrite dissertazioni sul mercato musicale che diventano attacchi ad una persona, gente divisa tra chi lo crede Chopin risorto e chi non gli affiderebbe manco la Giaccaglia malridotta di quand’era piccolo. Sembra che Allevi porti con sé l’impossibilità d’esser normali, la necessità d’una presa di posizione che attraverso lui consenta a questa o quella persona di uscire dall’opinione di gruppo, finendo in modo ridicolo col far appartenere la persona stessa all’altro gruppo, che è come fare gli anticonformisti per manifestare personalità, trovandosi quindi a dipendere dalla moda –dovendo riprodurne gli opposti- esattamente come i conformisti, e risultando alla fine più perdenti del nemico, perché un conto è dire zero e un altro è sparare cento per poi dover smentire cento il giorno dopo. Insomma, Allevi è bianco, no, è nero, suona come Chick Corea incastonato in Bollani lungo un pianoforte d’oro massiccio, no, è una zappa riccia, scrive l’equivalente dell’Appassionata di Beethoven, no, stiamo tre metri sotto al ballo del qua qua.

Che senso ha discutere così?

Allevi ha una tecnica notevole come i lavori in studio evidenziano, e ne perde un bel po’ dal vivo, come i dal vivo evidenziano.

Ok? Credo di sì.

Mastica musica classica a chili restituendone molte caratterizzazioni e strutture in una sorta di forma canzone, con un’efficacia il cui livello è evidentissimo a chi voglia asetticamente rilevarlo.

Ok? Credo di sì.

Allevi ogni tanto usa frasi che possono apparire o anche essere, a seconda dei casi, un po’ più grandi di quanto la sua arte possa sempre e comunque oggettivamente esprimere. Un po’ è parte del personaggio, un po’ è carattere, un po’ è marketing; c’è gente del mondo della musica che vale molto meno e straparla davvero, alla “luce” magari di alcune buone intuizioni avute 30 anni prima che ha poi replicato centinaia di volte facendole passare -creduto- per ulteriori genialate di percorso, ma siccome è istituzionalmente meno attaccabile le sue dichiarazioni e la sua sempre meno utile musica passano, magari al più col sorriso.

Ok? Credo di sì.

Detto asetticamente Allevi ha prodotto, nel corso della sua discografia, primi lavori in cui la maturità compositiva ed esecutiva era in costruzione e conteneva eccessi, poi ha sfornato due lavori –No Concept e Joy- compiuti e consistenti seppure con alcuni punti d stanca e poi ha realizzato un lavoro orchestrale molto meno personale in cui il suddetto enciclopedismo si realizza in modo troppo evidente e poco originale, replicando in più punti organizzazioni sonore e concezioni orchestrali già sentite anche (e in alcuni casi soprattutto) nel ‘900.

Ok? Credo di sì.

Come mai accada che a considerazioni così lineari e relativamente condivisibili si arrivi agli spaghetti alla bolognese o al nuovo Mozart potrebbe essere oggetto di un successivo approfondimento in questo blog oppure può essere auspicabilmente affidato alla realizzazione della succitata tesi di laurea. Resta una realtà divisa sostanzialmente in quattro gruppi (tra i quali apprezzo i due centrali): coloro per i quali Allevi è un segno pari al verdoniano Burt Reynolds in costume da bagno; quelli che lo ascoltano insieme a molta altra bella musica emozionandosi e godendosi le melodie che con grande efficacia Allevi sa costruire; quelli che ascoltano molta bella musica ma tra questa non trovano Allevi protagonista e quindi lo ascoltano per quel poco che gli capita o per nulla; quelli –variamente titolati tra professioni ed arti applicate di pertinenza- che Allevi è spaghetti alla bolognese.

sabato 3 maggio 2008

La banda di piazza caricamento

Straordinari.


Sono a metà del primo ascolto. Ho ricevuto il CD e lo sto... bevendo. Siamo alle impressioni iniziali, ma è per l'appunto impressionante la sensazione di avere a che fare con un mare ("ma anche" un monte, o altro) di musiche del mondo che si incontrano, naturalmente per strada. Finora ci sono soprattutto il Brasile della samba e della bossa ad incontrare la kora africana, ma arriva ora il rap, poi il fado, poi il centro America, poi l'India, e c'è sicuramente altro che mi aspetterà. E' incredibile quanta meravigliosa musica sia possibile scoprire ogni giorno. Siamo al centro di un'"informazione" (virgolettata perché informazione è parola grossa) che ci racconta di musica come si trattasse di un divano, di un'automobile. Li capisco, i prodotti van venduti, ma la musica è qualcosa che viene fruito dall'anima, mica storie. State tunati, come al solito, perché la recensione arriverà, ma intanto sono felice di questo ascolto.

Ah, già, il titolo. Babelsound.

mercoledì 5 marzo 2008

Il lotto della cuffia

Mah.
Kit per ascoltare la musica col telefonino: cuffia, adattatore, cavo per collegamento ad hi-fi, scheda SD ormai fuori mercato ma pur sempre da 512 MB, CD ballereccio tanto per metter dentro già qualcosa da ascoltare.
19.90, in una delle grandi catene di vendita.
Beh, compro. La cuffia è di una buona marca, direi che per 20 euro...
La cuffia da sola, vista per curiosità su un qualunque motore di ricerca dei prezzi in rete, costa (dato di ieri) dai 35 ai 50 euro circa, più spese di spedizione.
Mah.
Non che la notizia faccia scalpore, visto il mercato in cui viviamo, ma voi appassionati di musica alla ricerca di una cuffia che, considerando un budget di 40 euro, abbia un suono complessivamente decoroso (bassi rotondi e pieni, alti un po' chiusi) compratela assieme ad alcuni oggetti per voi inutili, così risparmierete 20 euro.
Questo vale per oggi, per cui affrettatevi perché magari tra cinque giorni trovate un set da 4 cavi USB con inclusa l'integrale di Bach a 15 euro e vi viene voglia di mutare i comportamenti di spesa. Tocca perciò esser previdenti.

giovedì 20 dicembre 2007

La canzone definitiva

Non per dire l'ultima, ma quella che chiude il cerchio, quella che dà in un certo senso compiutezza e valore massimi a tutto il percorso fatto da un artista fino a quel momento. Una canzone che sia potentemente la manifestazione del pensiero di un grande.
Ci pensavo stamattina. Mi sono venuti in mente all'istante due riferimenti per spiegare quel che intendo:

Lettera - Francesco Guccini
Cardiologia - Francesco De Gregori

Forse potrebbe starci anche Sally di Vasco Rossi.

Si accettano critiche, pacati insulti e costruttive aggiunte.

lunedì 17 dicembre 2007

Consigli per gli acquisti

Così, passando di qui. Per Natale mi vengono in mentre (cioè mi vengono in mente ora) tre dischi molto diversi che possono andar bene per tre gusti musicali diversi: il già citato "Do it!" ad opera della Berardi Jazz Connection, che da un paio di giorni trovate in negozi virtuali e non; "The Golden Fly" da Alessandra Celletti e "Midnight Clear" di Andreas Vollenweider. Nu-jazz molto ben fatto il primo, pianismo colto nel solco della musica iterativa e da meditazione il secondo, new age bella (a volte succede) il terzo. Recensirveli prima di Natale mi sa che non sarà possibile, ma per tre motivi musicalmente piuttosto diversi ve li consiglio.

venerdì 19 ottobre 2007

Bjork

Ben attento ad evitare biografie, monografie, recensioni e quant'altro
in quello che vuol essere un momento scritto e fermato a pensare, co sì
di passaggio, mi metto qui a dire che Bjork è da tempo e rimane una
figura speciale della musica mondiale. La sua capacità di fare musica
innovando senza fermarsi è, al di là dei gusti personali, una scelta
rilevante e che dà valore. Ok, è ricca e famosa e può permettersi di
osare, ma da un lato quasi nessuno tra i ricchi e famosi osa -né spesso
è capace di farlo-, e dall'altro lo sperimentare tanto per farlo avendo
mezzi economici adatti è comunque una strada che rivelerebbe in ogni
caso, prima o poi, pochezza di idee. Bjork non è sempre e comunque un
vulcano di creatività, ma negli ultimi 2 lavori, il recente Volta e
soprattutto il precedente Medulla, ha scelto una via che un medio
conoscitore del mercato indicherebbe perlomeno come rischiosa. Se è vero
che i risultati sono senz'altro quelli di due album non propriamente
adatti a parlare alle folle, è altrettanto vero che il viaggio
dell'ascolto diventa un'esperienza comunque interessante da fare, anche
se alla fine si può uscirne soddisfatti solo in parte, o inquieti o
chissà cos'altro.
Insomma, sinceramente sono contento che nel mondo del pop ci sia
un'artista così. Ecco.

lunedì 18 giugno 2007

Take that!

Ora... non è che, non sia mai, per carità, ecc. ecc. e quant'altro, ma in questi mesi mi sono goduto Shine dei Take That manco fosse un singolo di qualcuno dei gruppi che adoro: è decisamente grazioso! E' che a questi gruppi riescono bene i ritorni (sui singoli, magari). I Take That hanno tirato fuori, dopo qualche anno di assenza dalle scene e qualche progetto personale, la loro Ordinary world, anche se il paragone forse non rende giustizia ai Duran Duran che, pur odiati come a suo tempo usava fare (stavi con loro o contro, con gli Spandau o contro), erano comunque gente che bene o male suonava, e un filino al di sopra della pop song qualunque han saputo andarci più volte. I Take tha magari non proprio, ma questa Shine scivola che è una bellezza, beatlesiana come si conviene quando si vuol puntare in alto e gioiosa a farsi cantare.
No, il CD tutto tutto tutto non lo compro, ma Shine la ascolterò ogni volta che capiterà per un bel po', lo so.

mercoledì 11 aprile 2007

Signora mia

Son qui che ascolto una radio sul web mentre faccio altro. Led Zeppelin, Whole lotta love. Prima Jimi Hendrix. Partono quasi involontarie le consuete considerazioni su quel che viene
offerto ora, che veniva offerto prima... e le evidenti, diciamo banali differenze. La percezione è che proprio il mercato fosse diverso, altro discorso già fatto. Prima si vendevano le idee come si vendeva musica d'evasione. Ora si vendono soprattutto suonerie. E' impressionante non
per una questione moralistica, ma per motivi semplici: la suoneria suona inevitabilmente male; la suoneria suona quando qualcuno ti chiama, mica quando vuoi musica; la suoneria dura il tempo di rispondere. E' impressionante, il mercato è un ritornello. Neanche tutto, alla fine.
Basta un bell'intro di ritornello.
Personalmente non è che io guadagni qualcosa dallo scandalizzarmi. Semplicemente, a mio figlio magari faccio sentire le canzoni dall'inizio alla fine e su due cassa decenti. Di fare il figo mi importa poco, anche perché tanto l'Hi-Fi ormai è roba da rompiscatole, a quanto pare. Faccio
così perché trovo divertentissimo, oltre che banalmente essenziale, che si senta cosa fa il basso mentre i patti fanno quell'altra cosa; trovo bellissima la musica, tutta, perché suona; trovo bello il valore di tutta 'sta roba nella mia vita.
Il discorso sta diventando da matusa. Giuro che non lo è, che le suonerie mi divertono un sacco e via dicendo. Parlavo solo per amore della musica, che è bellissima.